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il libro / poesia |
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La nota di Andrea Raos
L’infanzia di cui parla questo libro non è tanto la bambina che ne è al centro quanto lo spavento che la circonda da ogni lato.
Di conseguenza liste di oggetti, ritmi ossessivi e cullanti, la costruzione di riti incantatorî di vario genere: tutto confluisce in una prolungata operazione di provvisorio rimedio a quel male onnipresente e incomprensibile che in Nel sonno. Una caduta un processo un viaggio per mare – Francesca Matteoni evita con cura ogni visione consolatoria – è elemento centrale dell’essere “piccoli”. Del resto in lei l’infanzia è indipendente dall’età anagrafica: tutti noi siamo, sempre continuiamo a essere, anche ciò che siamo già stati.
Le liste. Il libro si apre su una lista di oggetti tratti dall’Alice di Carroll (“vetro/ ferro/ coccio/ sassi/ scoglio [...]”), inanellati in modo tale che non è chiaro se debbano essere letti come versi di poesia o come promemoria, lista della spesa; generano un’ambiguità iniziale che rimarrà viva per il resto dell’opera. La stessa ambiguità è generata anche dal fatto che, in realtà, il libro si apre non su una parola ma sulla fotografia di una casa in rovina, cioè su un “altro da sé” della scrittura – altri disegni e foto la inframmezzano poi, la interrompono, la arricchiscono, allacciano rapporti variabili e sempre incerti.
In Nel sonno mi sembra che ci sia un’identità profonda tra uso delle liste e uso delle immagini. Matteoni usa i due strumenti (come anche le forme saggistiche esplorate in coda al libro) in modo “oggettivista”, per astrarsi da una materia aspra, a volte brutale.
I ritmi. Con quello sulle liste ha molto in comune il lavoro sul ritmo. Ad esempio:
Non sono una bimba-demonio e non sono un talismano
non sono una lepre che puoi imbalsamare, per sempre
impaurita sul tuo ripiano. Non sono una cosa che bevi,
non sono una carne che tocchi, che scuoti –
non sono lo schianto notturno del tuo bianco delirio –
(il profilo che cresce sul fondo del mare, un pesce
dai denti-lamiera che stride e macella le povere braccia).
Qui ci sono la cantilena, il ritorno, il ricamo (tutt’altro che ingenuo: si noti ad esempio la sistematica dislocazione di tutte le possibili parole-rima).
La ricorrenza di elementi diversi ha anche funzione ritmica essenziale nel dare corpo al testo. Il principale mi sembra “osso”, con le collegate catene associative: bianche sono le ossa dei vivi e dei morti, bianca la neve, bianco il seme maschile – “bianco”, non a caso, era in questa poesia il “delirio”.
I riti. Tutta la poesia intitolata “drink me”, troppo lunga per essere ripresa qui, racchiude i tre elementi che ho delineato. Mi sembra fortemente indebitata – non è una critica: Matteoni non ricalca ma dialoga – nei confronti di “T. S.” di Milo De Angelis. Ricordo qui questa poesia solo perché credo che sprofondamento, morte e rinascita accomunino questi due testi esemplari nella loro “antichità” studiatamente archetipica.
Segnalo anche momenti più “sognati”, come tutta la sezione “teche”, o di autentica felicità fonico-ritmica, come la bellissima “montesole, si sale dentro il prato”.
Nel tessuto sgranato delle metafore e degli scarti analogici, sempre fortemente corporeo e oggettuale, Matteoni si serve di strumenti espressivi in apparenza tradizionali, ma nei fatti crea un libro aperto, inquieto, profondamente e fecondamente corroso (se ne noti anche, per esempio, il notevole plurilinguismo).
Così nella metamorfosi/rinascita – ancora una – che lo chiude, si accoglie come una liberazione che la seconda persona plurale dell’ultimo verso stia finalmente diventando disumana:
La luce si estingue, non c’è mai stata.
Le fosse occluse da un vento
il freddo acquatico, l’odorato.
Procedete per balzi sulle mani. |
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La collana
Level 48. Parole e musica in libreria
Un progetto che viaggia sulla linea di confine tra poesia, narrativa, musica, teatro. Differenti forme d'arte e creatività, opere nate per essere performate. Vai al catalogo per conoscere gli altri titoli e autori della collana >>> |
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l'autrice |
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Francesca Matteoni
(Firenze, 1975) |
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Ha pubblicato vari libri di poesia, tra cui Artico (Crocetti, 2005), la silloge Higgiugiuk la lappone nel X Quaderno Italiano di Poesia (Marcos y Marcos, 2010), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa, 2010), Appunti dal parco (Vydia, 2012). Gestisce il blog Fiabe, da cui è nato il libro Di là dal bosco (Le voci della luna, 2012). Suoi scritti in prosa sono apparsi sia online che su carta. |
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